Page 28 - Notiziario Parrocchiale San Bartolomeo e San Rocco Marzo 2020
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                      Dall' ETIOPIA...                              ...notizie e foto da Suor Nives



            Mandura, 19 gennaio 2020.
            Dear amici della missione, ciao e pace a voi.
            Il Lavoro di coloro che veramente amano la chiesa
            non è mai sul palcoscenico o in televisione, non
            succede mai nell’arena dei twitter, nessuno parla
            di loro, ma essi sono presenti ed operanti.
            Oggi festa dell’Epifania, è perciò un po’ la nostra
            festa.
            Eccomi a voi con un grazie per aver camminato
            con me durante questo anno appena trascorso. Vi
            siete fatti presenti in vari e diversi modi. Ancora
            vi dico Grazie!
            Da adolescente leggendo Mao Tse Tung, vi ho
            trovato fra i suoi detti questa citazione: “Grande è
            la confusione sotto il cielo; la situazione è eccellente”! Cioè la storia ha bisogno di grandi scossoni altrimenti scorre uguale
            a se stessa. La festa della Epifania ci dà questo scossone ed in più domani festa del Battesimo di Gesù è una chance per tutti
            noi per essere riconoscenti di tutto il bene che nella vita abbiamo avuto e ricevuto. Che ve ne pare? Qui è un po’ diverso.
            Un Paese segnato dalla precarietà a tutti i livelli della vita, in cui i salari non tengono il passo dell’alto costo della vita, e
            la maggior parte non ha il diritto alla salute, alla educazione, alla casa, alla sicurezza perché tutto è calpestato.. perfino
            il saccheggio dei territori.... ditemi come si fa a vivere così.
            Tutti apparteniamo alla stessa razza umana, no? Tutti bisognosi di aiuto, di fratellanza, di solidarietà, misericordia, che
            sono concetti che fanno parte della ricchezza e valori dei Cristiani, come Mussulmani, Buddisti Taoisti...
            Noi vogliamo come Gesù, farci accanto, camminare, ascoltare, osservare, dividere e condividere, senza presunzioni. Ciò
            che facciamo dipende innanzi tutto da come stiamo nelle situazioni in cui ci troviamo. Non corrisponde alla missione
            della chiesa lasciare le persone sole, lasciarle cadere nel vuoto, proprio quando cercano sicurezza e protezione.
            Una porzione dell’umanità può mangiare, bere, riscaldarsi, muoversi, comunicare via cellulari e computer.. solo se il resto
            della popolazione mondiale accetta di restare in condizioni di sfruttamento sistemico.
            Qualora anche i Nigeriani, Eritrei Cinesi o Brasiliani chiedessero -come di fatto sta succedendo- di raggiungere simili
            standard di consumo, l’equilibrio entra in crisi: come di fatto sta avvenendo.
            Io vorrei avere fra le mani il famoso manuale delle giovani Marmotte Qui, Quo, Qua, nel quale si trova una soluzione
            facile a qualsiasi problema. Ma non abbiamo soluzioni pre-confezionate in tasca.
            Bisogna provare ad imbastire (a me non è mai piaciuto) con pazienza, una ulteriore ipotesi di soluzione. La felicità
            dipende dalla capacità delle persone di essere generative.
            A noi il compito di impegnarci per costruire una civiltà dell’amore, perché felicità è un dono, ma anche una conquista
            umana e spirituale. La nostra è una epoca di passi avanti straordinari e trasformazioni profonde, ma è segnata da uno
            stigma di smarrimento, di confusione, di disorientamento.
            Infatti non è corretto rassegnarsi alla morte quotidiana dell’ingiustizia, della povertà della marginalizzazione,
            dell’oppressione delle nostre esistenze.
            Al di là delle parole, dei discorsi, quello a cui noi abbiamo bisogno, oggi, è di toccare con mano che davvero l’altro, lo
            straniero, è fratello; che al di là della differenza di cultura, di lingua, religione, abbiamo davanti a noi persone fatte dalla
            stessa sostanza, della stessa pasta, della stessa carne di cui siamo fatti tutti noi, e che c’è quindi un comune denominatore
            che ci unisce e ci rende uguali, fondato su comuni bisogni, su comuni fragilità, su comuni preoccupazioni e su comuni
            speranze.
            E’ necessario ricominciare a vivere, a garantire la vita, a ricercare la felicità perché giustizia e felicità sono legate e vanno
            a braccetto.
            La bellezza della diversità va mantenuta, perché fa parte della vita, così come è importante imparare a conoscersi e a
            dialogare proprio a partire delle differenze.
            (….) Se ci teniamo per mano tutto si può affrontare. La speranza è radicale, agisce nonostante tutte le forze distruttive


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