Page 22 - Notiziario Parrocchiale San Bartolomeo e San Rocco Agosto-Settembre 2021
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MONDO MISSIONARIO



            lucidissima di non aver ben più chiaro dove mi trovo, come la vertigine
            di uno sbandamento che si fonde però con l’entusiasmo di una nuova
            rischiosa libertà.
            Non so bene come muovermi; sembra di essere in un negozio di cristalli.
            Eppure non si può star fermi, a costo di rompere qualche pezzo.
            Sono proprio sulla graticola… Invece di credere ho cercato di far “esi-
            stere” Dio, e il Dio che ho cercato di far esistere è quello che dà il senso
            al dolore innocente: costruire un mondo senza dolore...ne ho viste trop-
            pe e di tutti i colori ultimamente.
            Nei messaggi di calore che mi sono arrivati subito dopo aver annuncia-
            to che abbiamo dovuto abbandonare la missione, mi è sembrato dav-
            vero di sentir soffiare un vento leggero, iniziale, tenue di speranza. Si,
            trovare di nuovo le ragioni della speranza, cocciuta, fragile, indistrutti-
            bile. Sperare per sperare, se serve contro ogni evidenza, perché a volte
            non può essere che così. Forse occorre soprattutto che si riprenda a
            parlare di futuro con più forza e maggior speranza. Agostino di Ippona
            affermava che la speranza ha due bellissimi figli: l’indignazione e il coraggio. L’indignazione per come
            vanno le cose, e il coraggio per cambiarle.
            Quale sarà il nostro posto in tutto questo processo? Rimettere in movimento una comunità ecclesiale che
            da tempo vive una situazione di stanchezza, sofferenza e di fatica non è facile per nessuno. Come la nostra
            chiesa può ripensare la propria presenza e missione evangelizzatrice nella società di oggi e di domani?
            Non ci è concesso calpestare pigramente le impronte già presenti. Dobbiamo lasciare le nostre. Non pos-
            siamo arrivare troppo tardi perché questa volta non si torna indietro.
            Come violente scosse di terremoto arrivano gli ultimi attacchi (speriamo siano gli ultimi) dei ribelli contro
            i militari federali e fanno tremare i pilastri di ottimismo che sono le mie consorelle, che tengono anche loro
            faticosamente in piedi, in una quotidianità faticosa da gestire a causa dell’insicurezza.
            Siamo un cantiere aperto e vogliamo continuare ad esserlo. Siamo attraversate anche da debolezze, limiti,
            sbandamenti, relazioni incagliate o a volte fallite, (ci sono ahimè) A volte mi sento sopraffatta, ma allora
            mi vien in aiuto Simone Weil con il suo ardire estremo: “sembra di trovarsi in un’impasse da cui l’umanità
            possa uscire solo con un miracolo. Ma la vita umana è un miracolo.   Respingo l’idea che questo sia un
            tempo di rassegnazione; per noi è ancora tempo di costruire utopie, manifestando nel nostro impegno una
            rinnovata dimensione nell’amore di Dio, che vive in mezzo a noi e con noi, e ciò intreccia un nuovo modo
            di vivere la fede e di condividere la speranza. Perché ciò ci riguarda. Il percorso è irto di ostacoli. Il pasto
            non è gratis. La ricerca progredisce solo con la pace e questa richiede pazienza. Io prego perché il Signore
            ci faccia giustizia, perché, se dovessi farla io, andrebbe a finire male. Prego che mi dia la calma; perché
            tenga ferme le mie mani, perché prudono. E chiedo anche l’aiuto vostro. Grazie.
                                                                   Difficile fare previsioni ora. Troppo sono le va-
                                                                   riabili e le incognite sul cammino. Fare memo-
                                                                   ria significa fare storia viva, nella carne e nelle
                                                                   lacrime,  non  solo  percorrere  quel  che  è  stato,
                                                                   ma perché, e come sia possibile che non accada
                                                                   più.  L’inferno dei viventi dice Marco Polo, non è
                                                                   qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è
                                                                   già qui. E io confermo.
                                                                   Si può parlare di Dio, solo abitando la sofferenza,
                                                                   facendosene carico. Ma io una risposta non l’ho
                                                                   ancora data. Volete darmi una mano voi?
                                                                   Grazie vostra sorella Nives


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